Quadri misteriosi

Nel 1506, Giorgio Zorzi detto Giorgione consegnava al mondo uno dei massimi capolavori d’arte del suo secolo: "La Tempesta"; che è anche una delle tele più enigmatiche del Rinascimento. Il quadro ritrae una donna che allatta il suo neonato in una radura, in prossimità di alcune rovine. Alla scena assiste un lanzichenecco. Sullo sfondo un ponte, un fiume, un borgo e soprattutto, a giustificare il titolo, un cielo uggioso squarciato da un fulmine. Varie le interpretazioni, poche le risposte certe. E lo sguardo della donna ritratta che osserva in silenzio gli sforzi esegetici degli osservatori...

Tre, quattro, cinque saette. Semplici scariche elettriche, per noi. Messaggi divini, per gli Etruschi, un tempo ritenuti i massimi esperti in fatto di fulmini.
Ad ogni temporale sacerdoti e indovini studiavano forme e posizione di questi fenomeni naturali. Scagliati, a loro dire, dagli dei inviperiti con qualche mortale.
La prima saetta era spesso considerata un “avvertimento”. Se non si rigava dritto, scattava il secondo lampo, quello della “collera” vera e propria. E chi sgarrava ancora veniva punito con una terza scarica devastatrice.
Passata la tempesta, i luoghi colpiti dai fulmini venivano accuratamente recintati. E poi evitati come la peste, calpestarli portava sfortuna.